: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
CONSIGLI A LAPO - 15Apri e chiudi senza sprecare risorse, il business dei negozi precari a tempo determinato
Il Foglio - Venerdì 25 Febbraio 2005E' una storia che si ripete da tempo in tutto il mondo, sotto i nostri occhi e spesso proprio sotto casa. Boutiques, botteghe di cibo biologico, negozi di abbigliamento casual: aprono, sopravvivono per un po’, poi cambiano insegna o chiudono definitivamente. Il problema è reale: i costi di avviamento e di gestione di un esercizio commerciale sono sempre più cari e il "punto di pareggio" una lontana chimera. E’ il momento quindi di trasformare questo minaccia generalizzata in un’opportunità cool e attraente.
La prima ad aver intuito il trend è stata Rei Kawakubo, designer di Comme Des Garçons, che ha aperto il primo negozio precario e a tempo determinato chiamandolo Guerrilla Store. La motivazione di fondo non fa una piega: dal momento che gli stilisti propongono una nuova collezione ogni stagione, per quale motivo allora i negozi dovrebbero rimanere sempre gli stessi? Perciò Comme des Garçons ha iniziato ad aprire, senza nessun preavviso e pochissima pubblicità (sito internet, manifesti e volantini), una serie di negozi in alcune città europee – prima Berlino, poi Varsavia, poi Stoccolma – solo per pochi mesi, "occupando" librerie, magazzini o spazi anonimi, talvolta senza inserire alcuna insegna, con un arredo spartano ed essenziale che strizza l’occhio allo stile punk e squatter: i costi sono ridotti al minimo, i prodotti della collezione venduti ad un prezzo più basso rispetto a quello delle normali boutiques, la curiosità dei media e il pressante passaparola gli indicatori di successo dell’operazione.
Negli Stati Uniti sulla scia di questo trend sono nate due nuove insegne "itineranti": Target - una sorta di discount chic che offre i prodotti dello stilista Isaac Mizrahi - nell’ultimo anno ha aperto temporaneamente un pop-up store (così ora vengono chiamati i negozi temporanei) di 1500 metri quadrati al Rockfeller Center poi, sempre a New York, di fronte al fiume Hudson durante le festività natalizie e negli Hamptons.
Un vero e proprio caso, assai frequentato da celebrities e trendsetter, è Vacant, una boutique itinerante che resta aperta solo per qualche mese, giusto il tempo di esaurire la merce: prodotti difficili da trovare o a tiratura limitata sia di brand famosi che emergenti, specialmente quelle del mondo hip-hop chic. Le location delle nuove aperture vengono comunicate solo via mail ai membri del Vacant club.
Il fattore chiave che fa dei pop-up stores dei modelli di successo è quello di trasformare l’apertura di un negozio e quindi l’esperienza d’acquisto in un vero e proprio evento, che venga percepito dal pubblico come un qualcosa di esclusivo, da scoprire in fretta, prima che il negozio sparisca. E’ come un ritorno al passato, al tempo delle fiere e dei mercati mobili, al quale però viene aggiunta quella patina di coolness e glamour inevitabili oggi per aver successo. Anche in Italia, ad esempio, il celebre e chic mercatino del mercoledì di Forte dei Marmi è diventato itinerante e nei weekend è possibile trovarlo in alcune province della Lombardia.
In ritardo, anche i grandi brand hanno scoperto le potenzialità di business, ma soprattutto di opportunità e di visibilità, che possono derivare dall’apertura di pop-up store, interpretandoli in modo diverso e aggiungendo nuovi contenuti e significati: la Nike canadese, in occasione dell’imminente maratona di Vancouver, ha aperto il Nike’s Runner Lounge, uno spazio dove gli amanti della corsa possono provare e acquistare le scarpe per la competizione, ma anche avere informazioni sulla gara e trovare compagni per allenarsi. Un modo efficace per unire business e servizio, e fedeltà al marchio: ovviamente il negozio chiuderà una volta terminata la maratona.